La strangera, recensione del romanzo di Marta Aidala: tra montagne e silenzi

Immagina di partire senza guardare indietro, con un’unica certezza: trovare te stessa. È questo il cuore di La strangera, il romanzo di Marta Aidala. Beatrice lascia la sua vita a Torino e si rifugia tra le montagne, in un mondo che le parla, la sfida e la respinge. Un viaggio verso la libertà, ma anche verso una scoperta interiore, raccontato con delicatezza e profondità. Aidala riesce a far emergere un nuovo tipo di eroina, che non lotta contro draghi o nemici visibili, ma con tradizioni, aspettative e le sue stesse paure.

Il viaggio di Beatrice: tra ricerca e scoperta

Beatrice, la protagonista, incarna il desiderio di fuga che molti giovani sentono, ma che pochi hanno il coraggio di seguire fino in fondo. Lei lascia Torino per le montagne, portando con sé dubbi, speranze e la voglia di sentirsi finalmente parte di qualcosa. Aidala descrive con precisione i paesaggi montani che diventano una metafora del percorso interiore di Beatrice. Ogni passo nei sentieri è un passo verso la sua identità, ogni respiro nel freddo è una sfida alle convenzioni.

Queste montagne, descritte quasi come figure, sono al centro del romanzo. Sono le stesse che respingono Beatrice, considerandola una strangera, una straniera che non appartiene. Eppure, proprio qui trova Elbio, un giovane pastore con cui sviluppa un legame fatto di silenzi e piccole conquiste quotidiane.

Il rifugio del Barba: una nuova casa?

Il rifugio del Barba rappresenta un microcosmo di isolamento, dove Beatrice si trova a confrontarsi non solo con la natura, ma con le tradizioni di un mondo che la esclude. Il Barba, uomo dal passato tormentato, inizialmente la vede come una minaccia, qualcuno di diverso. Aidala utilizza questo contrasto per costruire una tensione narrativa che tiene il lettore incollato alle pagine: Beatrice riuscirà a trovare un posto in questo mondo?

Nonostante le difficoltà, Beatrice sente una crescente connessione con il rifugio, che diventa lentamente una sorta di casa. Ma non è una scelta facile, e l’autrice non cede mai alla tentazione di semplificare il percorso della protagonista.

Il legame con Elbio: un amore silenzioso

Il rapporto tra Beatrice ed Elbio è uno degli aspetti più affascinanti del romanzo. Aidala tratteggia con delicatezza una storia d’amore che non segue i soliti canoni letterari. Qui non c’è la passione travolgente, ma una crescita silenziosa, fatta di ritrosie e piccoli momenti di apertura. Elbio rappresenta il mondo antico che Beatrice cerca di comprendere e fare suo. Insieme, si ritrovano a specchiarsi l’uno nell’altra, riconoscendo una fragilità comune.

Ma quando l’estate finisce, Beatrice fa una scelta coraggiosa: non segue Elbio a valle. Resta al rifugio con il Barba, scegliendo di affrontare l’inverno, simbolo di introspezione e nuove domande sul suo futuro.

L’inverno senza neve: la montagna che cambia

L’inverno, solitamente caratterizzato da neve e freddo, arriva senza i suoi segni distintivi. Questo evento inaspettato diventa un momento di crisi per Beatrice. Tutto diventa quasi una metafora del turbamento interiore della protagonista. La montagna che sembrava così solida, quasi materna, ora si rivela inaspettata, spingendo Beatrice a riconsiderare tutte le sue scelte.

Qui risiede uno dei punti più forti del romanzo: la capacità dell’autrice di rendere la natura un personaggio attivo, che dialoga con la protagonista, provocando riflessioni e trasformazioni profonde.

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