L’uomo della sabbia: recensione del romanzo di Lars Kepler
In questa indagine che affonda nel gelo di Stoccolma, Lars Kepler costruisce un thriller che non concede tregua. La neve, i binari sospesi sul ghiaccio, un ritorno impossibile: bastano poche immagini per gettare il lettore dentro una storia in cui il passato torna a battere alla porta con la violenza di un urlo trattenuto.
L’ombra che incombe si chiama Jurek Walter, serial killer rinchiuso in isolamento, e la figura che rifiuta l’idea di un caso chiuso è il commissario Joona Linna. Da questa contrapposizione nasce un romanzo che lavora su sospetto, memoria e paura, con una progressione scandita da scene nette e un senso di pericolo che cresce pagina dopo pagina. Non un semplice poliziesco, piuttosto un viaggio nella zona grigia dell’animo umano, dove la sopravvivenza si lega a doppio filo alla verità.
Trama: il ritorno di Mikael e l’ombra di Jurek Walter
Una notte d’inverno, sotto una nevicata che imbianca ogni cosa, un ragazzo cammina lungo i binari di un ponte ferroviario. Perde sangue da una mano, è in stato di shock, balbetta parole sconnesse su un uomo della sabbia.
Si chiama Mikael. Risulta scomparso da dodici anni, dichiarato morto da sette. A suo tempo, si era voluto credere a un tragico annegamento che avrebbe coinvolto anche la sorellina Felicia, di cui non si sono mai rinvenuti i corpi. Uno solo, tra tutti, non ha mai accettato questa versione: Joona Linna.
Nella sua lucidità, l’investigatore ha legato quella sparizione alla scia di vittime attribuite a Jurek Walter, catturato proprio da lui e rinchiuso in un ospedale psichiatrico ad altissima sicurezza. Con il ritorno di Mikael, la verità smette di essere un fondale lontano e diventa un obiettivo concreto: se lui è vivo, Felicia potrebbe esserlo. Per scoprirlo, occorre far parlare Walter. E per farlo parlare, qualcuno dovrà avvicinarlo.
Jurek Walter: l’orrore dietro il vetro
Jurek Walter, pur separato dal resto del mondo da vetri spessi e protocolli ferrei, continua a generare paura. Non ha bisogno di gridare: gli basta guardare, attendere, insinuarsi nelle crepe di chi gli sta di fronte.
La sua presenza trasforma ogni dialogo in una partita di scacchi dove le pedine sembrano muoversi da sole. Il romanzo lo ritrae come un antagonista capace di agire perfino da fermo, di esercitare controllo senza alzarsi dalla sedia.
Il lettore percepisce l’idea di una minaccia che non richiede la fuga per farsi sentire, e che anzi diventa più nitida proprio grazie ai corridoi, alle porte blindate, alle regole che dovrebbero contenere il pericolo. Se qualcuno dovrà avvicinarsi a lui per strappargli informazioni, quel qualcuno giocherà con la propria sicurezza, consapevole che un errore vale il baratro.
Perché leggere L’uomo della sabbia
Per la capacità di tenere insieme orrore e logica, per il freddo che esce dalle pagine, per la figura di un protagonista tanto inquietante da risultare memorabile. Per Joona Linna, investigatore che non arretra quando la strada si fa sdrucciolevole.
Per l’idea che la verità vada conquistata centimetro dopo centimetro, in un corpo a corpo fatto di domande, silenzi, piccoli indizi che alla fine compongono un disegno. E quando si richiuderà il libro, resterà nell’aria una domanda inquieta: quanto può essere vicino l’orrore, anche quando sembra rinchiuso dietro un vetro?