Tutta colpa della mia impazienza: recensione del romanzo di Virginia Bramati

Tutta colpa della mia impazienza indaga il rapporto fra la corsa quotidiana e la necessità di rallentare. Virginia Bramati affida la narrazione ad Agnese, ventenne nata due mesi in anticipo e insofferente a qualsiasi attesa.

Una situazione improvvisa la spinge a lasciare la città per trasferirsi in una casa nei pressi del fiume: dai clacson e dai neon alla campagna silenziosa, illuminata da un cielo fitto di stelle. Capitoli agili, dialoghi briosi e un lessico limpido guidano il lettore in un percorso che invita a riflettere sul valore del tempo.

La protagonista sempre in anticipo

Agnese odia le code, riempie l’agenda e vive con il dito premuto sul tasto fast forward. L’autrice rende il suo temperamento tramite battute incisive e frasi che cambiano passo di continuo, quasi a imitare un battito accelerato.

Quando la ragazza si ritrova isolata, con un esame di chimica organica alle porte e il ronzio di un alveare come unico sottofondo, scopre che l’iperattività maschera timori profondi: la paura del vuoto, del silenzio, di affrontare il dolore senza distrazioni. Tentare di ricreare la frenesia urbana tra i campi non funziona; anzi, evidenzia la necessità di fermarsi.

La campagna come specchio interiore

Il paesaggio non è un semplice sfondo. Albe velate, pomeriggi accesi dal canto dei merli e serate umide di rugiada rispecchiano lo stato d’animo di Agnese. L’assenza di traffico dilata i pensieri; ogni fruscìo tra i salici diventa occasione per riconsiderare priorità che la città aveva distorto.

Virginia Bramati usa tocchi sensoriali nitidi per mostrare come il contatto con la natura trasformi la percezione del tempo e, di conseguenza, la protagonista stessa.

Il simbolo dei semi di Impatiens

Tra le pagine di un vecchio volume, Agnese trova una bustina di semi di Impatiens. La pianta, famosa per la rapidità con cui lancia i semi e per i petali rosa brillanti, riflette il suo carattere impulsivo ma offre anche una via di cambiamento.

Seminare, innaffiare e, soprattutto, aspettare diventa un rituale quotidiano. Questi gesti, inizialmente sopportati a fatica, insegnano che la natura non obbedisce al cronometro: germoglio dopo germoglio la ragazza comprende che prendersi cura richiede tempo e ascolto, non fretta.

Perché scegliere questo romanzo

Chi vive con l’agenda colma troverà in Tutta colpa della mia impazienza un invito convincente a rallentare. Il percorso di Agnese dimostra che la felicità può nascondersi in gesti quotidiani: annaffiare un vaso, osservare un bocciolo che si apre, ascoltare il ronzio di un’ape.

Con empatia sincera, l’autrice ricorda che il benessere nasce dalla capacità di accordare il proprio passo a quello della natura, non dalla rincorsa costante a un traguardo successivo. Concluso il libro, resta la voglia di spegnere lo smartphone, respirare a fondo e concedersi il lusso di qualche minuto di silenzio.

Gianluca Rini

Sono laureato in Comunicazione e Multimedia e in Scienze Turistiche, ho conseguito un Master in Giornalismo e Comunicazione. I miei interessi vanno dalla tecnologia a tutto ciò che riguarda la cultura.