Il mastino dei Baskerville: perché leggere il classico di Arthur Conan Doyle
Aprire Il mastino dei Baskerville significa addentrarsi in una brughiera dove la nebbia avvolge ogni pietra e il confine fra leggenda e indagine resta volutamente sfocato. Pubblicato a puntate fra il 1901 e il 1902, il romanzo di Arthur Conan Doyle continua ad affascinare perché unisce la cupezza del gotico vittoriano alla disciplina razionale di Sherlock Holmes. Chi lo sceglie come lettura scopre che il fascino del mistero non sbiadisce con il tempo e che la deduzione, se guidata da una mente acuta, resta l’arma migliore contro la paura.
Una genesi travagliata e geniale
Stremato dall’enorme successo del suo detective, Doyle aveva decretato la sua scomparsa facendolo precipitare con Moriarty alle cascate di Reichenbach. L’indignazione dei lettori, tradotta in migliaia di lettere, lo costrinse però a rivedere i piani.
Poiché non desiderava sconfessare ciò che era già stato pubblicato, ideò una soluzione elegante: collocare un nuovo caso in un periodo anteriore a quella caduta. Nacque così un volume indipendente, adatto perfino a chi non ha mai bussato al 221B di Baker Street.
La collocazione retrospettiva non fu un semplice compromesso: l’assenza prolungata di Holmes ne amplifica il carisma, mentre la voce di Watson guadagna spazio e spessore, regalando alla trama un equilibrio narrativo sorprendente.
Ombre nella nebbia del Devon
Le brughiere del Devon, percorse da ruscelli nascosti e paludi silenziose, offrono la scenografia ideale per una leggenda inquietante. Una tradizione secolare sostiene che un mastino infernale perseguiti la stirpe Baskerville per espiare un crimine antico.
Quando sir Charles viene trovato senza vita nei pressi della propria dimora, e a pochi passi dal corpo compaiono impronte gigantesche, il dottor Mortimer teme per l’erede sir Henry, appena giunto dagli Stati Uniti.
Holmes accetta l’incarico, ma con una mossa inattesa resta a Londra, inviando il fedele Watson a investigare sul posto. Attraverso diari, telegrammi e lettere, l’ex medico descrive fuochi che balenano sulla collina, ululati portati dal vento e figure indistinte che si muovono nella bruma, mentre la minaccia sembra avvicinarsi a ogni pagina.
Razionalità contro superstizione
Holmes raggiunge la scena soltanto nella fase culminante, ma la sua strategia dirige l’indagine sin dall’inizio. Analizzando tracce all’apparenza insignificanti, demolisce la diceria del mostro e svela un vero e proprio disegno criminale.
Watson, cronista empatico, registra dubbi, timori e scoperte, diventando il tramite ideale fra la logica ferrea del detective e le inquietudini del lettore.
Il duello fra ragione e mito si chiude a vantaggio della scienza, lasciando un messaggio ancora attuale: le ombre più minacciose si dissolvono quando qualcuno ha il coraggio di illuminarle con la chiarezza dei fatti.