Leonardo Sciascia, uno scrittore e giornalista contro la mafia

Leonardo Sciascia è stato uno dei più apprezzati scrittori e giornalisti d’Italia. Molto noto per il suo impegno nell’analisi, sempre lucida e critica, della situazione sociale e politica dell’Italia del suo tempo, Sciascia si è guadagnato un posto di fama per il modus operandi delle sue opere e dei suoi personaggi, per la sua capacità critica, per il sottile umorismo con il quale ha scritto dei peggiori mali dell’epoca.

La prima opera di Leonardo Sciascia è stata “Favole della dittatura“, che viene recensita da Pier Paolo Pasolini. Dopo alcune opere minori e una raccolta di poesie, “La Sicilia, il suo cuore” vince il premio Pirandello per un saggio scritto sul famoso autore e scrive il suo primo romanzo, “Il giorno della civetta”, nel 1961.

Leonardo Sciascia ed “Il giorno della civetta

Da molti considerato il capolavoro di Leonardo Sciascia, “Il giorno della civetta” è un libro che trae lo spunto da un fatto di cronaca nera, la morte di un sindacalista, Accursio Miraglia, per mano di Cosa Nostra.

Il romanzo si apre con un incipit ormai famoso: la morte di salvatore Colasberna, che viene ucciso nell’affollata Piazza Garibaldi, da un colpo di fucile. Subito colpisce l’omertà degli astanti: all’arrivo delle forze dell’ordine, sul luogo del delitto sono rimasti solamente l’autista ed il venditore di biglietti, e nessuno dei due sa dare informazioni utili ai poliziotti, così come anche il panellaro che fino a prima dello sparo circolava in zona.

Mentre alcuni personaggi politici importanti cercano di far cessare le indagini e chiedono il trasferimento del capitano Bellodi, che per primo ha parlato di omicidio di mafia, il maggior testimone dell’omicidio viene assassinato e quando Bellodi arriva a qualche passo dal vero mandante, l’inchiesta viene chiusa con una banale sentenza.

Ma Bellodi non sembra intenzionato a darsi per vinto, e vuole indagare fino in fondo sull’omicidio. “Mi ci romperò la testa”, è l’ultima famosa frase che chiude il libro, e che denota la volontà del capitano di scavare fino in fondo per scoprire i veri mandanti dell’omicidio e per smascherare il clima di omertà siciliano.

Altre opere di Leonardo Sciascia: “A ciascuno il suo

Dopo una breve pausa letteraria, Leonardo Sciascia ritorna al romanzo con l’opera “A ciascuno il suo”, pubblicato nel 1966.

Anche questo romanzo si ispira ad un assassinio realmente avvenuto, quello del commissario di Agrigento, Tandoj Cataldo.

Un misterioso omicidio scuote un piccolo paese dell’entroterra siciliano: dopo una lettera con minaccia di morte, un farmacista di nome Manno viene ucciso mentre si trovava in una battuta di caccia con il dottor Roscio.

Un professore, con l’ossessione di scoprire la verità sull’omicidio, si decide a scoprire la verità sulle parole ritrovate, incollate con pezzi di giornale, sul retro della lettera minacciosa: “Unicuique”, “a ciascuno il suo”. Da questa frase latina riuscirà a ricostruire la verità su un omicidio incomprensibile.

Il ritorno di Leonardo Sciascia al genere poliziesco

Leonardo Sciascia

Nel 1971 Leonardo Sciascia pubblica il libro “Il contesto“, che è un ritorno dell’autore al genere poliziesco. Il romanzo narra la storia dell’omicidio di un giudice, in seguito al quale i migliori uomini della polizia vengono inviati ad indagare.

Alla fine si scopriranno intrecci che coinvolgono l’alta politica ed i servizi segreti. Dal libro di Leonardo Sciascia venne tratto il film di Francesco Rosi dal nome “Cadaveri eccellenti”.

I romanzi ed i racconti di Leonardo Sciascia sono sempre strettamente legati alle vicende della sua terra, la Sicilia, della quale egli si dichiara innamorato. I suoi libri, anche se gialli, non seguono sempre la struttura tipica del romanzo con la cattura del colpevole.

Leonardo Sciascia viene ricordato per il suo grande impegno giornalistico contro la mafia, anche se talora lo fece in modo “non convenzionale”.

Rimase famoso un suo articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 10 gennaio del 1987, ed intitolato “I professionisti dell’antimafia”, nella quale lo scrittore criticava il presunto arrivismo di alcuni giudici palermitani, fra i quali anche Paolo Borsellino. In seguito comunque Sciascia ed il giudice Borsellino ebbero occasione di chiarirsi sulla questione.

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